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  • Writer's pictureGruppo folk Val Biois

L'abito tradizionale della Valle del Biois

L'antico abito tradizionale della Valle del Biois, per i materiali di base, poco si differenziava dagli abiti di altre vallate delle Dolomiti. Pur tuttavia si differenzia per altri aspetti materiali, ma soprattutto immateriali. Ogni capo era un pezzo unico, confezionato in casa a partire spesso dal tessuto stesso; rappresentava orgoglio, senso di appartenenza e di identificazione.


Veniva tipicamente confezionato per il matrimonio e poi utilizzato le domeniche o i giorni di festa. Spesso veniva riadattato nel tempo ed in alcuni capi tramandato alle generazioni successive.

La lana costituiva una materia prima importante e conosciuta era anche la sua follatura e trasformazione in un tessuto impermeabilizzato oggi chiamato genericamente loden. A testimonianza di quanto l'arte della follatura fosse conosciuta, a Falcade, esistono tutt'ora dei ceppi famigliari dai cognomi inequivocabili: i Fol e i Follador. Anche il toponimo "Fol" evidenzia la presenza di luoghi dove veniva lavorata la lana. 

Il lino e la canapa erano coltivati e lavorati ovunque. Ogni villaggio aveva un forno comune per la canapa ed il lino, così come uno o più tessitori esperti.

L'emigrazione stagionale verso Venezia, diffusa soprattutto ai tempi della Serenissima, ha permesso di portare in valle anche altri materiali: tipicamente il cotone, ma anche la seta ed ornamenti vari più o meno di valore. Tipici del costume femminile sono il cordone d'argento lungo anche 2 o 3 metri, le collane di corallo, i "tremoi" (generalmente in filigrana e fissati ai capelli con degli spilloni), le "gusèle e le spadete" utilizzate come ornamento e tenuta dei capelli, orecchini vari che a seconda della tipologia prendono il nome di piroi, bucole, s-ciarete..... 

Anche gli ornamenti delle nostre chiese sono frutto dei rapporti con il mondo esterno e soprattutto dell'emigrazione verso Venezia.

Gli ornamenti in filigrana d'argento o oro provenivano prevalentemente da artigiani orafi di Cortina d'Ampezzo.


I grembiuli a fiori utilizzati dalle donne sopra la gonna avevano invece origine relativamente recente per rapporti emigratori verso nord ed in particolare con la città di Bolzano.

In Valle si confezionavano anche i cappelli (conosciuti i Capelèr da Chegul) e le scarpe. In ogni famiglia c'era chi sapeva confezionare gli "scarpet", sorta di pantofola fatta recuperando vecchi drappi di stoffa per la suola ed abbelliti con tomaia in velluto o altro materiale; sui scarpet da festa comuni erano i decori di vario tipo.

In Valle del Biois, così come in tutto l'Alto Agordino ed a Cortina d'Ampezzo, l'utilizzo del fazzoletto come copricapo femminile oppure delle varie acconciature fatte utilizzando fermagli d'argento sono state sostituite dall'utilizzo del cappello nero bombato con nastri in raso e penna di struzzo.

Nella tradizione tirolese è comune l'utilizzo di capi in pelle, soprattutto il pantalone. Tale tipicità non è riscontrabile in Valle del Biois.



L'avvento della moda italiana, la stessa emigrazione, gli incendi di alcuni villaggi che hanno distrutto anche vecchi abiti, le comunicazioni ed i rapporti con il mondo esterno, hanno determinato inevitabilmente un radicale cambiamento nel modo di vestire. 

Pur tuttavia, nel bisogno di diversificazione, di identificarsi, forse anche come reazione istintiva alla globalizzazione si assiste oggi ad un ritorno al tipico, tradizionale ed ha valorizzare in generale ciò che orgogliosamente ci distingue e caratterizza. Anche il costume tipico è uno spaccato di tradizione, identità, lingua, legame ad un territorio ed alla sua comunità.



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